18 - Maschere

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    Cercatore di uova di gallina

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    Il frusciare dei fogli è uno dei vari suoni costanti nelle stanze occupate dai laboratori di Futura, seguito dal tintinnare delle provette trasportate da una postazione all’altra e dal ronzio delle luci al neon. Se quel ronzio smettesse, scherzano i suoi sottoposti, Longhi avrebbe le vertigini, visto che non si sottrae al lavoro che qualche ora di qualche notte, per dormire sonni veloci e probabilmente fitti di sogni in cui fa frusciare fogli e tintinnare provette.
    Drake sembra prendersi qualche attimo per godere dell’atmosfera di un laboratorio affollato. Sta sull’uscio con le braccia dietro la schiena, al limitare delle traiettorie da moto browniano delle fasce blu, che solo apparentemente lo ignorano, ma che in realtà gettano continue occhiate nella sua direzione. Non possono sapere chi o cosa stia osservando o che espressione abbia, Drake non toglie quasi mai la maschera in pubblico in questi giorni.

    Finalmente il professore tedesco si muove, percorrendo a passi svelti la distanza che lo separa dall’ufficio del Dottor Longhi. Camminando, Drake paralizza brevemente il laboratorio, come se questo cambiamento di stato avesse disturbato un ecosistema all’apparenza caotico, ma fortemente stabile. Tutti si fermano ed i suoni del lavoro scemano nel giro di un secondo, lasciando il palco al tamburo dei passi Drake sulle piastrelle ed al sempiterno ronzio delle luci. Le fasce blu ora lo osservano apertamente mentre, arrivato alla porta dell’ufficio, la apre senza bussare, entra e la richiude.

    “Professor Drake” Longhi non sembra disturbato dall’intrusione, forse è la concentrazione indefessa sul lavoro o forse è una semplice, finale accettazione dei modi sbrigativi e spesso maleducati del tedesco.

    “Dottore” l’accento orgogliosamente spigoloso suona buffo dietro la maschera.
    Longhi solleva un foglio e si riaggiusta gli occhiali per leggerlo meglio.

    “Non ho idea di come vi siate procurati attrezzature di quel genere intatte” dice, “ma con i nostri sforzi congiunti potremmo arrivare ad una quadra. Ora il problema rimane…”

    “Gli isotopi.
    ” Drake è ancora in piedi davanti alla porta.

    “Già, ma se riuscissimo ad ottenere anche quelli…” continua Longhi.

    “So cosa vuole fare, Dottore, è ciò che volevo fare anche io con i miei colleghi della Schola. Tuttavia, io non sono qui per questo.”
    Longhi si toglie gli occhiali e sospira.

    “Professore, ciò che è accaduto all’Arechi è terrificante.”

    “Terrificante è il modo in cui gli alti ranghi della sua Colonia stanno affrontando la faccenda.”

    Longhi posa il foglio e fa un passo indietro.

    “Professore, le assicuro che il Consiglio sta prendendo…”

    “Il consiglio sta cercando il modo di mettere tutto sotto il tappeto!” le parole del tedesco irradiano furia, ha alzato il volume della voce e la maschera ha offerto un vago riverbero al suo gridare. Non appare più buffo ora.

    “Se tutta la gente fuori da questa stanza, i suoi colleghi, i suoi amici, fossero stati uccisi da chi aveva promesso di salvarli riuscirebbe a condividere la mia rabbia?”

    “La condivido in ogni caso, Professore, ma lei ora sta cercando una cospirazione.”

    “Cianuro! E non è una mia speculazione, sono stati i vostri uomini, Vernese e Romanova, ad analizzare una dose di quegli antibiotici. Non può dirmi che qualcuno in grado di sabotare un composto con una dose di veleno adatta ad uccidere solo chi già versava in condizioni compromesse fosse uno qualunque dei vostri soldati.” Il tedesco si cala con foga la maschera dalla faccia, quasi come se volesse evitare che la sua furia venga in alcun modo filtrata, ma che arrivi invece tutta sul bersaglio, su un bersaglio, pura come le sue corde vocali l’hanno partorita.

    “Ero venuto a Futura per salvarli! E Futura li ha uccisi!”, continua, “poteva rifiutare di aiutare, ma non lo ha fatto. Ha premeditatamente deciso che le risorse della Schola erano ciò che interessava! E l’unica cosa che c’era tra quelle e la colonia erano i miei colleghi. Persino lei, Longhi, non può non vedere!”

    “Non insulti la mia intelligenza, Drake.” il Dottor Longhi fa un passo avanti, sembra finalmente spazientito. Il tono comprensivo usato in precedenza lascia il posto ad uno più freddo, sostenuto da una postura eretta e dalle braccia incrociate sul petto.
    “Quando il mondo è andato a puttane avevo all’attivo più pubblicazioni di lei quando aveva la mia età. Non sta parlando con un idiota, cerchi di tenerlo a mente, se le riesce.”
    Drake rimane in silenzio.
    “So perfettamente” continua Longhi, “che quel Drago non può aver agito da solo. Quel che la sua rabbia non le permette di valutare è la differenza che c’è tra la possibilità di un manipolo di persone senza scrupoli ed una intera colonia che premedita una strage.”
    “Sa cosa credo, Drake? Che lei abbia bisogno di un grande bersaglio perché è schiacciato dal senso di colpa. Non basta un gruppo di folli assassini, no, le serve una cospirazione in grande stile per non pensare che quelle persone avevano bisogno di essere salvate in primis perché lei ha portato una creatura aberrante ed infettiva tra le mura di casa loro. Non poteva lasciarsi sfuggire la grande scoperta di studiare uno ZOM “pacifico”. Se lei avesse visto quel che hanno visto quegli Eroi il dicembre scorso avrebbe compreso come ZOM non è mai, mai, pacifico. Ha solo strategie evolutive, più e più modi per spazzarci tutti via.”

    La mandibola di Drake trema leggermente, mentre sembra cercare le parole giuste.
    “La sua visione non è oggettiva.” l’accento tedesco è più forte ora, come se lo sforzo di ricacciare giù qualcosa che non pensava di dover gestire davanti a Longhi gli impedisse di impegnarsi a parlare correttamente in un’altra lingua. “Lei ama troppo questa colonia per metterne in dubbio le fondamenta.”

    Longhi batte il palmo sulla scrivania che ha di fronte. “Il mio amore è ed è sempre stato per la verità!”

    I due si guardano per qualche secondo, poi Drake indossa la maschera e gira i tacchi, lasciando la porta aperta. Longhi si passa le mani sul volto e sospira. Non appena sente la porta dell’edificio chiudersi alle spalle del tedesco prende fiato e grida un nome.

    “Giannetti!”

    Dei passi frettolosi si avvicinano alla porta, una ragazza bassina con gli occhi grandi e la fascia blu sulla manica di un camice troppo largo per lei entra nella stanza con la circospezione di una studentessa convocata dal preside.

    “Adesso scriverò un messaggio. Lo devi portare alla Bonomi.”
    “Sì, Dottore.”
    la ragazza sembra sollevata.
    “Lo può leggere solo la Bonomi e lo puoi lasciare in mano solo alla Bonomi.”
    “Sì, Dottore”
    “A nessun altro, Giannetti.”
    Longhi pronuncia le parole lentamente, come a rimarcare quello che ha detto e quello che non ha detto.
    “Sì, Dottore”
    “Sai dire qualcosa che non sia ‘Sì dottore’?”
    “Sì, Dottore. Oh.”
    “Vai.”
    “Sì Dott-. Vado.”


    Longhi si lascia cadere sulla poltrona ed incrocia le mani dietro la testa. Fissa il vuoto al di là del suo sguardo con una intensità tale che sembra stia provando a cristallizzare i pensieri in qualcosa di solido da poter tenere in mano o mettere via. Il ronzio del neon nel silenzio totale sembra aumentare progressivamente di volume. Certi suoni e voci, per quanto flebili o lontani, tendono a prendersi tutto lo spazio che si lascia loro.
    Dopo un minuto, senza cambiare posizione o espressione, lo scienziato prende fiato e grida alla porta aperta sul laboratorio fermo e sbigottito.

    “Lavorate!”

    Qualcuno sussulta, ma subito i passi frenetici ricominciano, bottoni vengono premuti e penne scrivono graffiando taccuini. Le provette ricominciano a tintinnare in giro, decorando di note alte il suono di fogli che frusciano nell’ufficio di Longhi.
     
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